• Vertical Water – Condivisione e Divulgazione del Canyoning

Nascita e diffusione del torrentismo

Il primo uomo che approcciò questi ambienti con mentalità “torrentistica” fu il grande speleologo francese Édouard-Alfred Martel che, negli anni a cavallo fra XIX e XX secolo, compì alcune imprese straordinarie quali la traversata della grotta di Bramabiau nella Tarn o la discesa del canyon del Verdon, allora non regolato dalla presenza delle dighe che attualmente ne limitano la portata. Un altro grande esploratore coevo di Martel fu Lucien Briet, che concentrò la sua attività soprattutto sui due versanti dei Pirenei. Talvolta queste esplorazioni si effettuavano mediante l’organizzazione di spedizioni pesanti, dovendo trasportare scale, barche, vettovaglie. Una seconda generazione di speleologi francesi cominciò ad avventurarsi nelle strette forre pirenaiche e spagnole negli anni ‘30 del secolo scorso, con uno spirito più moderno. Al 1958 risale la prima discesa del Clue de Riolan, nella valle dell’Esteron. Fu comunque negli anni ‘60 e nei primi anni ’70 che, sempre ad opera di speleologi francesi, cominciò una sistematica esplorazione dei canyon dei Pirenei e della Provenza, le due vere culle del nostro sport. Nei primi anni ’80 furono scese con tecniche moderne alcuni percorsi che ancora oggi sono molto frequentati: nel 1981 il Clue d’Amen nella valle del Var, nel 1984 il Vallon della Bendola (curiosamente, da parte di 4 italiani: Elvio, R. Jarre, Giordano e Ghibaudo) nella parte francese della valle Roia.

Italia

In Italia le poche forre esplorate negli stessi anni erano in realtà frequentate dagli speleologi, non tanto in ottica sportiva ma come possibili accessi a grotte, e da rocciatori, a scopo di ricerca per compagnie idroelettriche. Per esempio si ha notizia di una discesa “inconsapevolmente torrentistica” della Forra del Vinadia da parte dell’alpinista Ignazio Piussi, nel 1958. Nella seconda metà degli anni ’80 le esplorazioni dei percorsi torrentistici diventano sistematiche e finalizzate alla percorrenza sportiva delle forre. Gli esploratori sono in genere appartenenti ai diversi gruppi speleologici sparsi sul territorio nazionale, ognuno concentrato sulle forre del proprio territorio. Frutto di questo periodo di esplorazioni fu la prima topoguida italiana, “Profonde Gole”, che raccolse la documentazione relativa a questa importantissima fase esplorativa, svolta in maniera “distribuita” ad opera dei pionieri del moderno torrentismo italiano.

Negli anni novanta il torrentismo comincia a diffondersi a macchia d’olio negli ambienti speleologici del Club Alpino Italiano, della Società Speleologica Italiana e della Lega Montagna UISP, mentre nel 1998 nasce l’Associazione Italiana Canyoning (AIC) che raccoglie praticanti provenienti anche da altri contesti sportivi (alpinisti, canoisti, ecc). I praticanti crescono soprattutto grazie alla facilità di accesso alle informazioni, favorita dalla diffusione di Internet e dall’attività di accompagnamento turistico effettuata dalle Guide Alpine. In questo periodo i media, attratti dall’attività spettacolare e fotogenica, scoprono il torrentismo e lo etichettano come sport estremo, prediligendo la dizione “canyoning” che entra nel solco dei vari “ing” rafting, bungee jumping, base jumping, ecc.

La discesa del Grigno

 

Il gruppo del Grigno all’attacco della prima cascata, luglio 1985

Nel 1983, il “Gruppo Speleologico Gaetano Chierici” di Reggio Emilia (GSPGC), fece un ennesimo tentativo di esplorare e mappare il torrente Grigno nella frazione di Pieve Tesino, nella Provincia autonoma di Trento. A seguito della lunghezza e difficoltà di discendere fino a valle con la relativa chiodatura a spit, il gruppo decise di rinunciare temporaneamente all’impresa. Un allievo speleologo Eugenio Bagni, con esperienza diarrampicata, alpinismo ed immersioni subacquee, pensò di discendere utilizzando una mescola delle quattro specialità sportive. Nella primavera del1985, il Bagni decise di trovare altri cani sciolti del gruppo speleo per poter realizzare la discesa del Grigno. Proponendo di voler discendere quella che in gergo veniva chiamata la forra “Apocalypse Now” a nuoto, e con la relativa ritirata definitiva delle corde usate per scendere le cascate, trovò altri tre volontari. Nel luglio del 1985 Eugenio Bagni, Mario Salvi, Marco Picciati e Gino Gavazzoli, tutti di Reggio Emilia, iniziarono e condussero a termine la prima[senza fonte] chiodatura e discesa di un torrente in Italia con la tecnica moderna chiamata oggi “torrentismo”.

Attrezzatura utilizzata in origine: pedule da arrampicata, muta in neoprene, imbrago integrale da alpinismo, caschetto da roccia, chiodi a spit e da fessura, discensore ad “otto”, corde statiche del gruppo GSPGC date in uso segretamente dal magazziniere “Ciurru”, corde e cordini dinamici da alpinismo, guanti da lavoro, fotocamera Nikonos IV con pellicola Kodachrome 1000 Asa, camera d’aria d’automobile e barattolone stagno per i viveri.

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